E’ già trascorso il giorno e la notte mi trova intento a far ciò che mi appassiona: Scrivere o comporre.
Sì, ma che cosa? Negli anni -e sono tanti- ho scritto di tutto e per tutti. Le composizione d’arte letteraria le combino proprio belle, come fossero marachelle.
In fondo, però, che cosa poi mi induca a scrivere non lo so neppure, ma ogni volta si scatena un sintomo di emozione, un pathos, una frenesia, un incontrollabile bisogno di dunquizzare (concedetemelo) qualcosa, sia esso un brano musicale o una canzone, o un racconto breve, oppure una poesia.
Oggi l’impulso mi ha condotto a scrivere una poesia, di quelle criptate, tipo aperte a diversi significati, a svariate obbiezioni.
E’ il mio modo, del resto. Per me scrivere è contestare, denunciare, criticare. C’è l’ho quasi a morte contro il farabuttismo della gente, delle istituzioni di governo, dei poteri forti padroni di tutto. Insomma, quando uno ce le ha rotte (?) o rompe o si fa rompere. Io rompo e lo faccio con questi versi acerbi.
MARCIALONGA UMANA
Lasciatemi ai miei bisogni,
perché mi distogliete?
E’ tardi e devo fare strada;
Camminare a volte stanca,
perciò, vi supplico tacete.
Parole e note m’attendono
ed è un oceano di rumori
adesso striduli, roboanti,
nonostante il lor casino.
Rincorrer le parole, coglier note
da mettere a concetto,
questo il mio diletto, la mia fatica.
Mostrar chi sei e perché mai piangi
è duro a dirsi e incolpare i rei
non si può, ché, sono il potere.
Se la società t’inganna,
E se l’amico ti rinnega;
Se il prete finge
E se Dio tace,
levati! Ribellati e schiaccia.
Ai minatori che a palazzo stanno,
impedisci di lanciar le bombe,
fallo con un sasso, abbattendoli.
Golia cadde colpito in fronte
da Davide con la fionda in tasca.
Gli oppressori uccidono il mondo
senza curarsi se a cadere è un bimbo;
Il bieco incedere dei mercanti d’oro
impuniti arraffoni del pan di grano
alla fame han messo i popoli
oscurando il sole in fatto giorno
sì che luna spenga il suo sorriso
quando a notte amar vorresti.
Allora vai nel tuo giaciglio freddo,
cerchi invano di scaldarti l’ossa,
tarda il sonno a cancellar pensieri
e viene l’alba del tuo domani
senza aver goduto d’un sogno, almeno.
“Vai al lavoro?” Una voce chiede.
“Si, ma non c’è paga già da mesi.”
“Hai denaro messo a parte?”
“L’avevo, ma adesso ho debiti.
La Banca m’ha ipotecato il futuro;
il fisco m’ha giurato persecuzione a vita.”
La sorte d’un individuo è segnata
ciascuno il pegno deve pagare
e qui i governi cascan male,
ché, di pegni nessuno più è possessore.
La marcialonga l’hai conclusa a piedi,
ma gli sci non te li han dati?
Una bici a trazione totale, no?
Ho capito, hai camminato scalzo.
Morale:
A voi parola voglio dare.
Ce l’ho fatta. Sia chiaro; si tratta di una improvvisazione. Come? Mi chiedete cos’è l’improvvisazione? Beh, c’è modo e modo di improvvisare.
Io lo faccio così, senza tanti preamboli, come stasera. Ho scritto il primo verso e, per magia, uno dietro l’altro, i versi, di tutto punto vestiti, come in una sfilata le eleganti indossatrici, si sono adagiati al ritmo di una musica d’occasione che l’ispirazione stessa ha partorito.
Tuttavia, è bene rispondere a una domanda: Quanto tempo ho impiegato per un simile parto? Giusto il tempo di battitura di un testo dettato o copiato. Un particolare che mi preme evidenziare è che non correggo mai un testo poetico. Una scrittura di getto quella è e tale deve restare.
Sì, va bene, rileggo, correggo qualche possibile errore di battitura, ma finisce lì, perché chiudo il discorso.
D’altronde, a me piace scrivere in questo modo, in una maniera d’arte che a pensarci bene ha la sua ragion d’essere è individuabile in un vissuto lungo, troppo lungo, trascorso attraverso esperienze di vita dura, aspra e selvaggia… Come scriveva Dante Alighieri:
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura!
Per dirla alla sua maniera … Me lo posso permettere, credetemi e, se volete saper qual sia la selva nella quale mi son ritrovato ancor prima del mezzo del cammin della mia vita... dovete attendere la pubblicazione di un libro pesante assai.
(Una marcialonga umana – poesia e articolo creati oggi 4 Febbraio 2019)
E' presto detto: Da lavoratore, una volta raggiunta la pensione, sono riuscito a prendere in mano il sacco dove per anni sono state rinchiuse le mie passioni in campo artistico. Non è stato facile, perché l'età e l'impossibilità di farlo a tempo debito hanno parlato chiaro: "NON PUOI". Al ché io ho risposto: "Ma davvero?" Allora mi sono cimentato a fare teatro, a fare musica. FARE, CREARE, senza mollare e nonostante le difficoltà che la vita ancora oggi mi pone ad ostacolo, proseguo imperterrito sfidando il fato che da quasi sessant'anni mi assegna una sorte avversa. In questo mio sito ho messo insieme una parte di me e continuerò a farlo perché rimanga traccia di una storia di vita forse banale, ma comune a molti.